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giovedì 5 gennaio 2012

J. Edgar.
Una società che non impara dal passato non ha futuro.
Anni venti: l’America del proibizionismo, cupa, insanguinata, violenta, dove i gangster sono mitizzati e orde di comunisti e radicali minacciano la sicurezza del paese. J. Edgar Hoover è il fondatore e capo del Federal Bureau of Investigation che dirigerà, in maniera controversa, per quasi cinquanta anni.
Hoover è un personaggio duro, astuto, ambizioso, manipolatore, ossessionato ed ossessivo, una figura venuta dal nulla e capace con la sua determinazione ed i suoi metodi, forti e non sempre rispettosi della legge, di divenire l’uomo più temuto d’America. Estwood partendo dall’autobiografia dettata dallo steso Hoover ad un giornalista, sceglie di rappresentare la dimensione privata di questo personaggio, mostrandoci le miserie di mezzo secolo di storia americana attraverso la vita di questo uomo, le sue fragilità, l’ossessione per la madre, il desiderio di essere ammirato, la sua ambiguità sessuale, il fine che muove tutta la sua esistenza: la salvaguardia di quella idea molto americana di “sicurezza del paese“.
Il film non convince, il cast è notevole, Di Caprio è straordinario, Judy Dench è magnifica nel ruolo della terribile madre, ma una luce plumbea e fredda ed un’atmosfera asfittica aleggiano per tutta la lunghissima durata del racconto senza che lo spettatore partecipi emotivamente al ritratto di questa America violenta e di questo personaggio ambiguo.
Il film lo consigliamo a quelli che tramano nell’ombra, a quelli che dietro ogni ombra vedono una trama, al Cavaliere certe frasi sul “cancro comunista”potrebbero fargli tornare il buon umore.
Il film lo sconsigliamo ai figli unici di madre vedova maniaco ossessiva, a chi si addormenta a cinema, alle madri che hanno un figlio gardenia e non hanno il pollice verde.

  Voto: Interessante

Lallix

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